Dopo aver letto un bel saggio di Alain Cablais (A proposito dell'antichità della domificazione placidiana), nel sito del compianto Giuseppe Bezza, ci ritroviamo daccapo a dodici.
La sola cosa certa è la coincidenza tra l'ascendente ed il levar del sole. Tutto il resto sembra opinabile, a partire dalla pur ragionevole posizione del manzoniano 'Alcabizzo' ("il grado zodiacale che dista dall'orizzonte due ore temporali si trovi alla [cuspide della] dodicesima casa, quello che ne dista quattro alla [cuspide della] undicesima, ecc."), che lo stesso Placido appena citato confessa "di non comprendere".*
La difficoltà, a quanto pare insormontabile, consiste nella divaricazione tra il mezzogiorno effettivo (cioè il culmine del sole) ed il medio cielo, ovvero la cuspide della decima casa, divaricazione assente all'equinozio e man mano accrescentesi fino al solstizio.


* Il passo - precisa A. Cablais - si trova in Physiomathematica sive Coelestis Philosophia (Milano, 1675, p. 174).

Ridurre l'ampiezza delle ultime tre case in inverno, come aumentarla in estate, non serve a molto, perché - qualunque sia la domificazione utilizzata - il discendente sarà sempre collocato a 180° rispetto all'ascendente, il che significa porre il tramonto dodici ore dopo l'alba, in tutt'e quattro le stagioni. La difficoltà, obiettivamente insormontabile, consiste nello sfasamento tra tempo e spazio. Più esattamente, tra tempo terrestre e spazio celeste (tra orologio ed astrologio, per così dire).