Avendo fatto più volte cenno alle carte da gioco (la cui pagina della Wikipedia è molto interessante), premessa l'universalità dei quattro semi,* nonché la corrispondenza tra le cosiddette «figure» e le prime tre caste tradizionali,** va detto che la simbolica femminilità di tutto ciò che ruota intorno al concetto di regno, dalla «reggenza» [vicaria per definizione, dipendendo la sua legittimità dalla delega sacerdotale] alle «regole» [mensili e no], ovvero di tutto l’àmbito gentilizio, militare, giuridico ed amministrativo, potrebbe non esser priva di risvolti letteralmente concreti.


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"Regina di cuori di un mazzo di Claude Valentin (metà del XVII secolo). Si noti che la regina, personificazione - nelle intenzioni dell'autore - di Caterina de' Medici, impugna lo scettro, anziché stringere un ventaglio. Questo particolare sottolinea il disprezzo dei francesi dell'epoca per Enrico III". Così, nella suddetta pagina della Wikipedia.

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Vogliamo dire che quanto afferma l’estensore del passo precedente non sembra applicabile solo a colei che fu duchessa d'Urbino prima e regina di Francia poi, ma anche a donzelle meno blasonate. Inoltre può vedersi quanto abbiamo scritto altrove, sia circa lo scettro (regale e perciò temporale, quindi simbolicamente femminile e pertanto impugnabile con la mano sinistra) e la chiave, sia a proposito della spada quale attributo della Vergine. In quest'ultimo post si è anche fatto riferimento all’albero delle sefiroth.

* Le prime attestazioni certe, in Europa, vanno dagli inglesi hearts diamonds clubs spades agli spagnoli corazones diamantes tréboles picas, attraverso il francese cœur carreau trèfle pique. Si noti come le nostre coppe corrispondano al cuore (il calice del grâl) ed i denari ai quadri (quadrini o quattrini). Analogamente, picche e spade competono all’armigero, bastoni e fiori al villico. In arabo, già nel nostro medio evo troviamo tûmân (“coppe”), darâhim (“denari”), suyûf (“spade”) e jawkân (“bastoni”). In giapponese abbiamo hāto per heart, daiya per diamond, kurabu per club (o clover, cioè “trifoglio”) e supēdo per spade". Al riguardo, tornando a casa nostra ed alle carte napoletane o piacentine, si potrebbe arguire che la priorità assegnata ai denari, rispetto alle coppe, sia già un sintomo di decadenza (o di 'progresso').

** Che il re delle carte e degli scacchi corrisponda al papa, sembra pacifico. Se ne è già parlato altrove, sottolineando, negli scacchi, sia l’assoluta importanza e la quasi totale inutilità operativa del pezzo definito impropriamente «re» che la sovrana e micidiale mobilità del pezzo definito impropriamente «regina». Qui, evidenziata ancora la relazione tra cuori-coppe e spiritualità (come quella tra quadri-denari, fiori-bastoni, picche-spade e conseguente, più o meno accentuata, materialità), vogliamo mettere in risalto sia l’equivalenza - per quanto riguarda la seconda carta - tra donna, regina (queen, gwen, gyne) e seconda casta che quella - per quanto riguarda la terza carta - tra fante e terza casta. A quest’ultimo scopo, basta pensare che a) l’attuale inglese jack sostituisce il più arcaico knave, cioè “servo”, b) in francese, tale carta è detta valet, cioè “garzone”, “servo” o “valletto” e c) l’italiano «fante», in quanto opposto ad «in-fante», racchiude in sé tutte le competenze delle medioevali corporazioni d’arte e di mestiere tipiche della terza casta. È in tal senso che B. d’Ausser Berrau considera l’iniziazione massonica riservata alla “terza casta, con sforamenti nella seconda”, con ciò implicitamente suggerendo la possibilità, per i componenti quest’ultima seconda casta, di attingere a caratteristiche parzialmente affini sia all’imperturbabile spiritualità della prima che alla materiale corporeità della terza (sudore della fronte e dolore del travaglio). Possibilità, questa, peraltro peculiare del mobilissimo secondo guna indù. Se così non fosse, la denominazione ermetica «ars regia», i cui termini si rifanno rispettivamente alla terza ed alla seconda casta ed il cui senso mira alla prima, non avrebbe valore. Del resto, il monachesimo benedettino e quello templare condensano tutti e tre i significati delle prime tre caste. Inoltre, per tornare dalle figure ai semi, una certa elasticità ‘operativa’ potrebbe esser dimostrata da taluni indizii, quali la denominazione «trifoglio», trèfle in francese e trébol in ispagnolo, curiosamente simile al nostro “tribolo”, o “travaglio”, per il seme di fiori-bastoni (a loro volta simboli che, se si eccettua la «verga fiorita», non hanno molto in comune), e l’altrettanto curiosa omografia di spade in italiano ed in inglese, dove però significa “vanga” o “badile”.

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Tanto per mischiare un po' le carte, chiudiamo con tre dipinti tratti dal sito dedicato a Frithjof Schuon, opera del medesimo.