Negli scorsi due post, legati da un sol filo conduttore, abbiamo evidenziato la differenza tra l'atteggiamento che possiamo definire «classico» (stoico, olimpico, patrizio, aristocratico, insomma padrone di sé) e quello che possiamo definire «moderno» (epicureo, pelasgico, plebeo, democratico, insomma vittima di sé). Come ogni classificazione, anche questa è approssimativa, perché potremmo riassumere i due corni dell'alternativa nell'altrettanto classica distinzione tra maschio e femmina, il che - dandosi il caso del maschio effeminato e della femmina mascolinizzata, a prescindere dall'anatomia - rende abbastanza ardua, per esempio, la collocazione del primo corno nel passato e del secondo nel presente.
In altre parole, l'autodominio non è certo appannaggio del maschio. E neppure si riferisce solo ad un passato più o meno remoto, il richiamo pelasgico alludendo appunto a queste radici. Tuttavia, se non ci si vuole costringere al silenzio, non si può andar troppo per il sottile. Si possono però moltiplicare gli esempii, pur nella loro parzialità e relatività; diciamo allora che l'opposizione suddetta è anche quella tra Sole e Luna, tra spartani ed ateniesi (o tra romani e greci, o tra Roma repubblicana e Roma imperiale), tra lo spirito e il corpo, tra l'austerità filosofica e l'orgia bacchica, tra la maestà e la goffaggine, tra Adamo ed Eva, tra la discrezione e la sfrontatezza, tra la determinazione ed il capriccio, tra l'angelo e il diavolo ...
Per intenderci, ci si intende benissimo. Se ci si vuole intendere, beninteso.

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Quanto detto finora era implicito, negli scorsi due post. Più esplicita v'era la compresenza, nel singolo, di questi due fattori che, come lo yin e lo yang, non solo si alternano, ma sussistono contemporaneamente in una percentuale che può variare secondo l'età, le circostanze e, last but not least, la volontà divina. Altrettanto esplicita vi si mostrava l'esigenza di raffigurare graficamente a triangolo - o a piramide - la gerarchia di tali stati multipli dell'essere umano: in alto, l'unità e l'unicità, dove la monarchia si risolve in teocrazia; in basso, la pluralità e la molteplicità, per cui la democrazia sfocia nell'anarchia.
Meno chiara, perché sottintesa, era l'unicità - sebbene rovesciata - anche della molteplicità. Vogliamo dire che i diavoli sono legione, ma Satana - l'angelo rovesciato - è uno. Fuor di metafora, premesso che la pretesa voce del popolo è in realtà la voce dei peggiori (e più rumorosi) componenti il popolo, quanti di questi ultimi sono davvero popolani e non piuttosto aristocratici pervertiti?
È una domanda alla quale non si può azzardare una risposta definitiva. Tuttavia, senza tirare in ballo il rivoluzionario per antonomasia, ovvero il nobile Massimiliano Francesco Maria Isidoro de Robespierre, né personaggi minori quali Feliks Edmundovic Dzeržinskij o Ferdinando Petruccelli Della Gattina (per i quali si rimanda alla Wikipedia), basta chiedersi donde provengano gli ingenti finanziamenti che hanno sostenuto tutte le rivoluzioni degli ultimi secoli, quelle contemporanee non escluse.
Di veramente popolare, insomma, non c'è che l'inerzia, la staticità e, pertanto, un «reazionario» attaccamento al passato.
A livello interiore, l'unico livello che ci interessa, questa considerazione porta a concludere che il cosiddetto «lasciarsi andare», oggi tanto incoraggiato, non significa tanto abbandonarsi alle soddisfazioni materiali, quanto delegare la propria autorità spirituale ad un'anima che, invece di innalzarsi, si abbassa. Rovesciamento o sovversione che si voglia, si tratta sempre e comunque di un angelo a testa in giù.