La marzialità femminile, e la relativa femminilità virtuale di Marte, è argomento che si ripropone con martellante insistenza.
In fondo, «marte» è l'anagramma di «mater». Nessuna pretesa etimologica, in questo, evidentemente; tuttavia, se uno non crede 'l mondo posto a caso, un motivo dev'esserci. Del resto, quale simbolo è più femminile di quello lunare rappresentato,* tra l'altro, da Diana/Artemide (ad anagramma ulteriore)?


* L'immobilità solare non si presta adeguatamente a simboleggiare la bellicosa vivacità della bella Bellona, a differenza dell'instancabile mobilità lunare. Risiede in ciò una delle motivazioni simboliche della pigrizia tradizionalmente attribuita al leone e della staticità caratteristica del sommo sacerdote (attuale re degli scacchi, peraltro - come già detto - identificato dalla croce che lo sormonta). Nella cosmologia indù, infatti, alla casta sacerdotale corrisponde la solare mascolinità metaforica della fermezza ed a quella guerriera, o regale, l'altrettanto metaforica femminilità lunare del movimento. Abbiamo sottolineato l'aggettivazione perché, essendo chi scrive queste righe di genere femminile (per giunta cis-gender, per dirla in modo chic, e non trans-gender), constatiamo quotidianamente il progressivo scollamento, nel singolo, dei caratteri somatici da quelli psichici. Volendo, si veda anche qui.
Infine sul tema sciagurato dell'«ideologia gender» ci sembra molto elegante l'analisi di D. Fusaro: "Se il comunismo non è riuscito a realizzare la società senza classi", oggi stiamo riuscendo "a realizzare la società senza sessi". Pertanto, "se Marx invitava a lottare per la riappropriazione dei mezzi di produzione, oggi bisogna lottare per la riappropriazione dei mezzi di riproduzione".